DromosFestival

CANTO TERZO

Canto terzo. Dove si narra di come, lungo la salita al trapezio, il circo sia sommerso nell’acqua.

E di come tra le alghe si faccia strada la poeta argentina Alfonsina Storni, disubbidiente nel mare.

 

[Villa Verde, 5 agosto 2016]

 

Salivo, salivo tenendo lentamente dietro all’Acrobata. Ogni tanto gettavo timoroso lo sguardo in basso. L’acqua mi ha raggiunto senza preavviso. Ho sentito il freddo ai piedi, Sali più in fretta, ho gridato all’Acrobata là sopra, Stai calmo, mi ha risposto, fermandosi. Sali, ho gridato, con l’acqua già al collo, Non avere paura, mi ha risposto, altre leggi hanno valore qui dentro. Io non ho compreso subito, anzi ho pensato che sarei morto, e che quindi mi sarei svegliato per lo spavento, e invece no, non mi sono svegliato, anzi ho visto l’acqua salirmi davanti agli occhi e salire ancora, e sommergere l’Acrobata, e la scala, e tutto il circo. E ancora non ero morto, non ero sveglio, anzi respiravo meravigliosamente dentro l’acqua, immerso in un blu magnifico, materno e caldo. In alto, molto in alto, oltre la superficie dell’oceano, indovinavo il disco azzurrato della luna di marzo.

 

Dove sei, ho domandato cercando l’Acrobata.

Sono qui, mi ha risposto una voce antica come un canto di megàttera al largo.

Io ho fissato gli occhi dentro un immenso banco di pesci scintillanti e l’ho vista.

Era una donna alta, vestita di alghe e corallo, circondata di plancton.

Dimmi chi sei, le ho chiesto, dimmi qualcosa del tuo viaggio.

 

Io sono la lupa. Me ne vado sola, e rido del branco. Così cominciava una delle mie poesie.

E lupa solitaria lo sono stata davvero, in ogni singola scelta che ha disegnato la mia vita breve. Mi chiamavano Alfonsina, che dicono significhi “pronta alla battaglia”. Sono stata lavapiatti e maestra, operaia e attrice, cameriera e poeta. Ho imparato l’ago e il filo, ho cucito calze e ho rammendato parole. Si può essere qualsiasi cosa, per diventare se stessi.

Quando Alejandro è nato mi hanno chiesto Chi è il padre? Non c’è bisogno di un padre, ho detto. E l’ho portato nel mondo, il figlio del mio corpo, da sola.

Io sono la lupa, rido del branco. Ostinata, Alfonsina. Dura, Alfonsina. Irrimediabilmente, Alfonsina. Sempre pronta a sfidare tutti, sguardo dritto, orizzonte chiaro dentro il cuore. Ma tu lo sai quanta inquietudine può nascondendersi dentro un roseto? Quanta ironia può celarsi dentro un grido? Quanta dolcezza si può sentire dentro ognuno dei propri sbagli?

Nei libri leggerai che Alfonsina era femminista, socialista, ribelle, libertaria. Che ha conosciuto l’amore, e l’abbandono. E che alla fine una malattia incurabile se la voleva prendere, ma lei no, per non farsi afferrare dalla morte, lei ha camminato lenta e sicura fino a farsi, piuttosto, prendere dal mare.

 

Così ha detto, e senza lasciarmi parole da dire di fronte a un gesto così assoluto e grande, ha cominciato a nuotarmi, a cantarmi intorno, circondata di vele stracciate e cavalli marini:

 

Sul fondo del mare

c’è una casa di cristallo.

che si affaccia su un viale di madreperla.

 

Un grande pesce d’oro

alle cinque in punto

viene a salutarmi.

Mi porta un ramo rosso

di fiori di corallo.

 

Nel bosco verde che mi circonda

dondolano e cantano

sirene di opale verdemare.

 

Bruciano nel crepuscolo

sopra la mia testa

le fiamme barocche del mare.

 

Così ha detto, e subito un’onda gigantesca ci ha attraversati, portandosi via le vele, i coralli, i pesci azzurri, le alghe, e anche l’ultima goccia di mare.

L’Acrobata si è aggrappata alla scala e mi ha afferrato, per impedire alla massa d’acqua di portarmi via. E quando ogni traccia dell’oceano inspiegabilmente è scomparsa, mi sono ritrovato in braccio a lei, fradicio e appeso, il trapezio in alto, sopra di me, una paura gigantesca di cadere, dentro di me.

 

Ho poggiato i piedi sullo scalino, ancora gocciolante di salsedine. L’Acrobata mi ha guardato come si guardano i bambini con le ginocchia sbucciate, un po’ severa, un po’ consolante.

Forse è tutto vero, forse no, ha detto. Le biografie sono spesso gigantesche menzogne. E poi ha detto, Andiamo. E senza aspettare risposta si è avviata verso l’alto.

Io sono rimasto fermo ancora qualche attimo, pensando all’ultimo passo di Alfonsina, sempre sicura con la certezza della scelta, anche al prezzo della sconfitta, anche a costo di inabissarsi.

Ci sono prezzi che si devono pagare, mi sono detto, e sconfitte che hanno profumo di vittoria.

Fai bei sogni, Alfonsina, vestita di mare.

 

 

[Alfonsina Storni (1892-1938) è stata una poeta, drammaturga e saggista argentina.

I brani citati sono La Loba (La Lupa), in La inquietud del rosal (1916) e Yo en el fondo del mar (Io in fondo al mare), in Mundo de siete pozos (1934), entrambi da web, tradotti con qualche libertà.]

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