Certo che si può fare davvero un cammino lungo, spostandosi di pochissimo.
Pensavo a questo, ieri, mentre viaggiavo verso Villaverde, col sole che calava, e l’aria piccola che entrava dal finestrino aperto, e i mulini a vento che disegnavano i loro cerchi sul profilo viola del Monte Grighine: in un solo giorno, in pochi chilometri, dai suoni d’Africa di Manu Dibango, alla musica rarefatta in chissà quale confine del Tingvall Trio.
Che Dromos vuol dire cammino. Un cammino, breve, quasi di un solo istante, ma che conduce ad una porta spalancata sull’oltre. Lo sapevano i micenei, che lo mettevano davanti alle tombe dei re, il dromos. Lo sapevano gli egiziani, che lo spalancavano davanti ai loro templi coronati di sfingi. E lo sapevamo noi, quando ci chiamavamo nuragici, che lo disegnavamo davanti alle tombe dei giganti, o alle case di fate.
E che cosa è il dromos lo raccontava ieri Salvatore al sindaco di Villaverde, che è un sindaco dal volto pulito e chiaro, ed è un piacere vederlo lavorare come un matto per fare bello un concerto. E per rimettere il bosco in ordine, dopo.
Che ieri non me ne volevo andare, da Villaverde, tanto è stato bello, tutto quanto, e il bosco, e il profumo di menta, e la galassia che splendeva come una striscia di latte in mezzo agli alberi, e le stelle che già hanno cominciato a cadere, e la magia folle di centinaia di persone sedute sulle pietre, sotto le foglie, a sentire un basso, una batteria e un pianoforte.
Che ieri notte si è interrotto tutto, ad un tratto, e il tempo se n’è rimasto zitto e fermo, e noi abbiamo galleggiato, ipnotizzati, a filo d’acqua, sull’istante.
Che in un istante, l’ultima goccia cade e la pietra si spacca.
In un istante, inspiegabilmente, il quadro si stacca, e la parete è vuota.
Basta un istante, e la tela è bianca, e la vita ricomincia.
Un solo istante, e guardi dal lato giusto, quello degli occhi che ti stregano
e che non vuoi lasciare più.
E Tingvall e i suoi hanno cominciato a suonare, sotto alle foglie blu. E la musica ha cominciato ad insinuarsi dentro il bosco, e le ghiande hanno aperto le orecchie, e gli scoiattoli si sono svegliati, e le querce si sono sgranchite i rami, e l’acqua si è messa a cercare la propria ombra. Ed era un suono pulito, geometrico, come un quadrato bianco dentro il cerchio verde e blu del bosco. E ogni tanto c’era qualche melodia piccola e classica, come i giochi che Bach scriveva per Magdalena bambina. E poi sono arrivati i cavalli, al galoppo, a spettinarci tutti, donne, uomini e alberi e scoiattoli, e un brano che si chiama The road, la strada, e camminare, ma a passo piccolo, come nell’infanzia, e le giostre, e le ninne nanne, e le ginocchia sbucciate.
E Tingvall sembra proprio un bambino, sorride che è una felicità guardarlo, timidissimo, dentro le sue scarpe verdi, che tossisce un attimo prima di parlare, e legge la scaletta scritta dentro un foglietto piccolo piccolo, stropicciato in tasca.
E poi riprendono a suonare, e l’istante è ghiaccio bianchissimo di Svezia, ma in cui splende un sole delle Antille, e riscalda tutto, e parte un brano tutto basso e batteria, che sembra di sentire profumo di tabacco, e sale marino, e frutta, e l’istante è sempre lo stesso, un istante blu elettrico in cui il tempo è fermo, ed è una fatica, tenerlo fermo, il tempo, che è una bestia scomoda, e infatti Tingvall e i suoi sudano moltissimo. E in quella fatica che produce un istante leggero, in quella fatica che non ha nulla di violento, o di cattivo, in quella fatica dolce e buona, ecco, io ho pensato che a volte, a volte, siamo animali davvero belli.
In un istante la rabbia, il ricordo, l’intuizione, il dono.
In un istante la colpa e il perdono.
In un istante il black-out, e finalmente la notte.
In un istante, libertà, vento nelle orecchie e scarpe rotte.
In un istante, sipario aperto e nulla, davvero nulla è più come prima.
Che infatti stasera, qui, nella notte di Tharros, sale sul palco una regina dell’istante, Dee Dee Bridgewater, un ponte su quest’acqua, dalle colonne della città romana, fino a lontananze che in questo preciso istante non potete neppure immaginare. C’è tutto quello che serve per costruire un Eden, qui, stasera. La città antica, l’acqua, le stelle, la voce e la musica, e le canzoni di Billie Holiday, di Ella Fitzgerald, e di chissà quanti altri straordinari giardini in cui Dee Dee Bridgewater vorrà condurci. Con lei non sarà difficile trovare il cammino, il dromos che conduce all’Eden. Basterà ricordarsi il consiglio di William Blake:
per scorgere il paradiso,
tieni l'infinito nel palmo della mano
e l'eternità in un istante.
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