DromosFestival

#8 DROMODIARIO. [Nel centro]

5 agosto – Nurachi God save the Green di Alessandro Rossi e Michele Mellara

È proprio vero che l’abito non fa il monaco. Che ieri, quando Dee Dee Bridgewater è salita sul palco di Tharros, chiusa dentro una salopette in jeans e con un foulardino leopardato intorno al collo, sembrava una zia appena salita dalla spiaggia, lì dietro.

Ma poi, poi, dopo aver ringraziato sentitamente l’Alitalia che ha perso tutti i bagagli e gli abiti di scena per il concerto, poi ha presentato i musicisti, uno per uno, che erano dei ragazzini, praticamente suoi nipoti, e poi, bhe, poi è cominciato davvero il viaggio verso il cuore nero del canto.

Che appena inizia a cantare, Dee Dee Bridgewater, capisci cosa significa saper fare ogni cosa, ma proprio ogni cosa, con la voce, che subito, su un brano di Thelonious Monk, Dee Dee ci ha strinato un assolo in cui stavano comodi tutti i versi degli uccelli del mondo, dallo pterodattilo all’usignolo, e Tharros, ve lo giuro, l’ho vista io, si è aperta tutt’a un tratto, si è spalancata in ali nere, d’aquila di pietra. E noi, tutti insieme, l’aquila, il pubblico, il palco, il mare, la torre spagnola, le colonne, il faro di Capo San Marco, tutti insieme siamo schizzati in volo verso il centro nero nerissimo della notte.

 

E nel centro, sta il cuore tenebroso, anche se là sopra il volto ride.

Nel centro, nel centro stanno le parole vere,

che si pronunciano solo in una notte speciale.

Nel centro c’è l’angoscia nascosta del giullare,

che quando ha finito di lavorare

se ne torna a casa, solo.

 

E poi, durante il volo, è arrivata Foggy Day, di Billie Holiday, e dal mare si è alzata davvero la nebbia, e Dee Dee si è voltata verso il mare, e sono sicuro che parlava con le navi, lì ferme nel golfo, parlava con il grano chiuso dentro il loro ventre d’oro, parlava con le petroliere, parlava con le baleniere. Che c’erano di sicuro, ieri sera, le balene megattere, nel golfo di Oristano, attratte da quella sinfonia di ultrasuoni. E c’era il nero, nel cielo, tagliato dalla luce, tagliato dalla voce. E una luna a metà, luce nascente dal lato della Spagna, e l’altra metà notte nera nerissima, verso qui, verso Dee Dee. E tutte le ombre di Tharros erano in festa, che loro lo capivano, sillaba dopo sillaba, quel canto oscuro, che forse era inglese, forse era fenicio, chi può dirlo? E poi è arrivato un pezzo di Michael Jackson. E io mi sono chiesto Chissà come suona, Michael Jackson, in fenicio.

 

E nel centro sta la parola indecifrata, che non so dire.

Nel centro l’ombra, e l’urlo, e la memoria di un gatto e di un cortile.

Nel centro del centro, il non sapere come andrà a finire.

 

E poi a un certo punto, ed eravamo sempre in volo sopra l’aquila nera nerissima di Tharros, a un certo punto Dee Dee ha guardato in su, e ha detto C’è il cielo sopra di noi, siamo liberi, alzatevi in piedi.

E la musica è la magia di un mondo segreto. E l’ombra meravigliosa ci ha ricoperti tutti, che il faro di Capo San Marco ha spento la luce, per aiutare il rito della sciamana. E il golfo di Oristano è diventato un Mar Nero. E le colonne romane hanno detto da mihi basia mille, deinde centum, e la torre spagnola ha detto Adiòs, e la megattera, laggiù in fondo, ha soffiato.

E la sciamana ci ha chiamato giù dalle stelle, e dal buio, e ci ha riportati a terra.

 

E lì, nel centro, resta un frammento sorridente.

Nel centro sta il segreto della cura, della misura.

Nel centro, tutto quello che è bello salvare,

 che è necessario proteggere, e conservare.

 

E oggi infatti siamo qui, a Nurachi, a parlare dell’amore dei luoghi. Di come si può partire dal proprio piccolo piccolo centro, da quel cuore prezioso e unico che ognuno di noi è, da qualche parte, e curarlo, e farlo crescere, a macchia d’inchiostro pulito che si allarga, per contagiare tutto quello che ci sta intorno.

God save the green, il film di Alessandro Rossi e Michele Mellara che vedremo oggi, parla proprio di questo: di persone che provano a contagiare al mondo un poco di bellezza intravista, da qualche parte, in volo. Da qualche parte, nel centro di sé.

Perché l’Eden si costruisce anche con piccoli paradisi portatili.

Perché, come diceva il grande poeta tedesco Novalis,

 

Ogni oggetto davvero amato

è il centro di un paradiso.

 

 

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