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[Ula Tirso 08.08.2017] Epistolario delle evasioni #7

Lettera di Angel Cuadra al suo amore dall’altra parte del muro

dove si racconta di cecità, di censura e di sogni

 

Amore mio,

dice che la prigione è un’architettura studiata per farci morire i sogni. Per molti di noi è vero: abbiamo a disposizione una cella di quattro metri per quattro – sveglia, lavoro, pranzo, ora d’aria, lavoro, cena, letto – uno spazio talmente piccolo che c’è posto appena per le abitudini e per qualche ricordo; se non si impara un modo per dilatarsi l’orizzonte, anche la più piccola speranza è troppo vasta, per stare dentro i quattro muri di una cella.

Però, amore mio, se mi obbligo a chiudere gli occhi, dentro quella cecità meravigliosa si spalancano le infinite strade di tutto quello che farò, quando sarò fuori di qui. Che cosa strana, non ti pare? In galera si vede meglio e più lontano con gli occhi chiusi, e si è tanto più ciechi quanto più si tengono gli occhi spalancati a guardare la muffa sopra il muro grigio.

Per questo loro vogliono che lo guardiamo fisso, il nostro muro. Loro ci vogliono ciechi. E ci tolgono, piano piano, ogni facoltà di vedere. E noi dobbiamo invece inventarci ogni giorno un modo nuovo per tenere aperti i sogni, dietro gli occhi chiusi: loro ci perquisiscono, e noi troviamo sempre nuovi nascondigli; loro ci censurano, e noi inventiamo ogni giorno una parola nuova, che loro dovranno imparare a censurare.

Oggi, per esempio, dovrei essere distrutto, piangere, disperarmi, per quello che mi hanno fatto. E invece, con la mia disperazione ci ho fatto una poesia. Te la affido, ascoltala con gli occhi chiusi. Dice, più o meno, così:

 

I giorni sono così fieri / che non si distinguono

e sono così tanti, gli anni di questi giorni gemelli,

che il giorno della tua lettera / è un avvenimento da segnare sul calendario.

Quel giorno imprime un nome al tempo;

a tal punto che hanno finito per classificarsi:

giorni senza nome, giorni senza nome, giorni senza nome

e il giorno della tua lettera. / La tua lettera è la poesia che porta con sé l’alba.

 

Oggi era giorno di alba. / C’erano messaggeri e segnali:

uno scintillio senza sole si è arrampicato sui muri,

c’era musica ferita sopra ai fili spinati.

 

Deve essere stato allora / che hanno spezzato alla tua lettera le ali.

Come a un piccione viaggiatore: l’hanno intercettata / i falchi.

Dentro la busta / si è soffocata la parola: / un crimine contro la bellezza.

 

Ora cade la notte come un drappo; / tutto torna ad essere come prima.

Davanti alla mia cella, senza la tua lettera

giorni senza nome, giorni senza nome, giorni senza nome

continuano a trascorrere.

 

Ma, per quanto difficile sia, amore mio, non ti devi preoccupare:

inventerò ogni giorno nuovi sogni, che loro non sapranno censurare.

 

* * *

 

Angel Cuadra, poeta e scrittore, è nato a L’Avana nel 1931. Inizialmente sostenitore di Fidel Castro, ha adottato progressivamente una linea critica nei confronti del capo dello stato. Fu arrestato nel 1967, con l’accusa di cospirazione contro la sicurezza. Ha scontato una pena di quindici anni, scrivendo in carcere poesie e articoli. La poesia inserita nella lettera è tratta da Poemas en correspondencia (1979).

 

Foto: Alessandro Melis, “L’ascolto” (zuccherificio abbandonato, marzo 2010).

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