Beastville, 31 luglio 1968
– John… – ho detto a John. Eravamo stesi sul niente, a guardare le stelle color rame e alluminio del cielo di luglio.
– Dimmi. – mi ha detto lui, distratto. C’era fumo, tra noi, e colori intermittenti.
– Voglio scrivere un Bestiario, come quelli antichi.
– E per farci cosa? – ha detto lui.
– La rivoluzione. – Gli ho risposto. C’erano elefanti di plastica, che ci separavano, e laghi di plastilina sfilacciata.
– Con tutto quello che c’è da fare per cambiare il mondo, tu vuoi fare la rivoluzione con le bestie? – mi ha domandato lui, poco convinto. Tutto mi sembrava immenso, in quella notte di vinile.
– È quello che ho, e quello che posso: immaginare. E gli animali possono darci grandi insegnamenti. – gli ho detto.
– Più di certi uomini senz’altro. E che animali sono? – mi ha domandato John, annegando e tornando a galla, dentro il blu elettrico.
– Il primo l’ho già pensato. Immagina, John, gli ho detto.
Immagina una bestia magnifica che si nutre solo di luce. La chiameremo Filelio.
Alcuni dicono sia un mammifero, perché talvolta una grande femmina è stata vista distesa su una radura ad allattare il piccolo. Altri dicono sia un uccello, perché l’hanno scorto spalancare le ali e volare via, a cercare il sole, altissimo, più dell’aquila o della Fenice. Altri ancora lo apparentano ai rettili, per quella sua passione di distendersi nella luce, da mattino a sera, a farsi rovente il vermiglio del sangue.
– Bello – ha detto John – Anche il racconto dei racconti comincia con la luce. Hai presente? Nell’universo non c’è ancora nulla. Neppure l’universo c’è, ancora. Solo Dio esiste, che Dio non può iniziare. Dio esiste da sempre, oppure non esiste, così almeno dice l’autorevole racconto. E insomma, in quel non luogo senza tempo, Dio dice a Dio: non ne posso più di stare in questo buio. E così la luce fu.
– È un concetto scomodo Dio, di questi tempi – così ho detto a John. Il mare adesso aveva un bel color mandarino.
– In questo caso –ha detto John – la storia puoi immaginartela anche in un altro modo. La materia dice a se stessa: sto stretta qui chiusa in questo punto. Fa un gran caldo, qui dentro, tutti stretti, tutti costipati, tutti a sudare. Immaginati la scena. Tu, e anche tutti gli altri, tutte le donne e gli uomini che in questo momento popolano il mondo, neri, bianchi, gialli, rossi tutti insieme, immagina, e tutti gli alberi e le pietre, e gli spaventi e i chewingum e le pomate antizanzara, gli evidenziatori e le mosche, e cos’altro ci vogliamo mettere? i pianoforti? E gli oceani e i dinosauri e i libri, quanti ce ne sono libri, nel mondo? Un’infinità (anche se c’è parecchia gente in giro che sogna di bruciarli). E poi se contiamo stelle e galassie e comete e capelli di ragazzi e onde e televisori accesi, insomma fa un gran caldo a immaginare tutte queste creature chiuse qui, dentro un solo punto. È piccolo, un punto, piccolissimo. E allora la materia dice a tutti quanti, Basta! Fuori di qui! Gli viene proprio una grande esplosione d’ira e caccia tutti fuori da casa sua, fuori da quel punto minimo e caldissimo. È un’esplosione immane, l’ira della materia nel giorno del Big Bang, un rumore insopportabile e un gigantesco lampo di luce bianchissima. Ecco, la storia è solo un po’ più lunga di quella di prima, ma finisce esattamente allo stesso modo. Che la luce fu. – Così dice John, e il fiato sembra mancargli, nel cielo verdearancio, dopo tutto quello sforzo. Ha in mano un diamante che brilla candido.
– Immagina, John, gli ho risposto.
Da quando esiste la luce il Filelio esiste, perchè il Filelio la luce se la mangia. E ci sono mille teorie su come ci riesca. Alcuni hanno ipotizzato che il suo pelo verde smeraldo sia denso di clorofilla, e che proprio grazie a questa pelle vegetale l’animale sopravviva e porti frutto. Altri ritengono abbia invece nascosto dentro il corpo uno straordinario apparato che trasforma in energia la luce di cui si dimostra così famelico. Altri ancora, i più mistici, si spingono a ritenere che in realtà il Filelio non si cibi di luce, anzi si nutra nella notte, ne afferri le ombre e le divori, per liberare il mondo dal suo buio. Secondo costoro, il Filelio che di giorno vediamo dormire bramoso sotto i raggi della luce, in realtà sta digerendo, placido, le tenebre più oscure che è andato a cacciare nella notte.
– Non è male – mi ha detto John.
– Ho pensato che era un buon inizio, cominciare il Bestiario con la luce – Così gli ho risposto.
– Tutto comincia con la luce – mi ha detto lui, nel fumo liquido della notte acida. – Il cominciamento di tutto (dell’universo, della lotta, delle rivoluzioni, o perfino del tuo Bestiario) deve essere nel desiderio luminoso, che ci chiama fuori dal buio. – Così dice John, mentre lo guardo galleggiare lentamente al largo dell’orizzonte della notte.
– Immaginati in una barca su un fiume – dice infine – Immagina il cielo color marmellata d’arance. Immagina fiori di cellofan, gialli e verdi e ragazze che hanno il sole negli occhi. Immagina, dice John, e non smettere di farlo. – Lo farò – Gli prometto. Lui sorride e scompare, John nel cielo con i diamanti.
Immagine: FILELIO, elaborazione grafica di A. Melis (da Konrad W. Lycosthenes, Prodigiorum ac ostentorum Chronicon, 1557)