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10. Contracèfalo, bestia senza testa

Beastville, 13 agosto 1968

– Che fai, John? – Ho chiesto a John. Se ne stava al bordo della notte, cancellava furiosamente dal suo quaderno una pagina fitta di parole, le lettere erano insetti in fuga da un formicaio in fiamme.

– Cancello gli errori – Mi ha detto lui. Ma c’era una furia, nel suo assalto alla carta, che aveva poco a che fare col ripensamento, era piuttosto un tentativo di rogo. Si accaniva con la penna sui pensieri sbagliati, li voleva cavare via dal tempo, tornare indietro e fare che non fossero mai esistiti. Su quei pensieri, la penna faceva solchi neri come sangue incrostato – Ancora un po’ e di quel quaderno non resterà più neppure una traccia, a furia di cancellare, strappare, tagliar via, bruciare. – Gli ho detto – Fermati, non si legge già più niente.

– Hai ragione – Mi ha risposto John – È che a volte gli errori vorresti tagliarli via, per non sentirteli più addosso. A te non capita mai? – Mi ha domandato.

– Eccome se mi capita. Ci ho scritto su una bestia. Immagina, John – Gli ho risposto.

 

Immagina un animale che può tagliarsi via la testa, per farla ricrescere daccapo. Lo chiameremo Contracèfalo. Appare simile ad una piccola scimmia, il Contracèfalo, e un occhio disattento non lo distinguerebbe da tutti gli altri primati che abitano le vertiginose foreste del mondo. Sottomesso alla vita e ai suoi castighi, il Contracèfalo vive per anni come una bestia comune: nasce, si nutre, caccia, ama e si riproduce. Fino al giorno in cui sente qualcosa bruciare dentro la sua testa, non è dato sapere se sia un fischio insopportabile, un dolore che frantuma i nervi, un urlo incandescente negli abissi del cervello. Quel che è certo è che intere mandrie sembrano impazzire, decine di Contracèfali si portano le mani agli occhi per non vedere, incastrano le dita dentro gli orecchi per non sentire, la bocca si spalanca in grida dolorosissime che lacerano il cielo. Un ossesso diviene allora il Contracèfalo, raccolto insieme a tutti i suoi consimili urlanti, un ossesso di gesti, suoni e lamentazioni. Fino a che d’improvviso – nessuno ha saputo dire chi decide, e quando – i Contracèfali si raccolgono a coppie e si decapitano l’un l’altro.

 

Così ho detto.

– Che bestia crudele, hai immaginato oggi – Mi ha detto John. – Però hai fatto bene – Ha aggiunto – Ci vuole, una bestia oscena, dentro il Bestiario della rivoluzione. Che a volte si comincia con idee sognanti e si finisce con sanguinanti macellerie. – Ho visto lo sguardo di John che andava in cerca del quaderno, povera creatura ferita a morte che bruciava dentro il fuoco.

– C’era tutta Londra, a vedere Carlo I salire sul patibolo – Ha detto – tutta Parigi gridava davanti a Luigi XVI. Che spettacolo, il re che sale per l’ultima volta sul palcoscenico con le sue gambe, recita l’ultima scena, e poi la scure o la ghigliottina calano su di lui, come un sipario. E là sotto tutti a ridere, Come ci si sente, vostra altezza, a diventare tutt’a un tratto sua bassezza, col corpo raccorciato di due spanne? Ehi, maestà, come va il mal di testa, tutto passato, eh? Guardalo lì, non è mica vero che è blu, il sangue dei sovrani, è d’un bel rosso vivo, o meglio, rosso morto! E giù a ridere. Chissà che cosa è che ci piace tanto, nel vedere i re decervellati? Quale strana legge ci fa sentire meno sofferenti solo perché qualcun altro davanti a noi soffre di più? Qual è la rabbia gioiosa che ci conduce fin là, anche in questi nostri giorni, che sembra che la rivoluzione non sia possibile senza la violenza, senza la rabbia, senza il dolore terribile di qualcuno? La vera rivoluzione sarebbe capire quando fermarsi. Capire se serve davvero, amputarsi il pezzo che crediamo sbagliato, se proprio non si può far più nulla per curarlo. E invece a un certo punto sembra che tutti impazziscano, che non vedano l’ora di poter brindare, ubriachi e spensierati, davanti alla strage sfavillante. – Così ha detto John, e già si pentiva di aver bruciato il suo quaderno, che senz’altro là dentro c’erano migliaia di parole da salvare.

 

Bestia spaventosa appare, il Contracèfalo, a chi lo incontra subito dopo il taglio, mentre corre alla cieca sopra i campi, si arrampica sugli alberi, nuota senza meta nei torrenti. Deve passare tempo, talvolta anni o lustri, prima che una nuova testa sorga sopra il corpo mutilato della bestia, prima che un nuovo cervello torni a guidarne il movimento. Taluni fisiologi sostengono che niente è necessario all’esistenza del Contracèfalo come la decapitazione, il taglio netto che lo restituisce alla vita, e al suo futuro. Altri, ma sono un’esigua minoranza, dicono invece che quel taglio sia del tutto inutile, perché perduta con la vecchia testa la memoria, il Contracèfalo ritorna sulle stesse strade e compie sempre gli stessi errori, fino al giorno in cui l’ossessione ricompare, e con essa le urla i dolori e i lamenti. Fino al nuovo taglio, e così via, daccapo.

 

Così ho detto. E John è rimasto un attimo zitto, mentre il fuoco si spegneva nella notte cupa, e del suo quaderno pieno di parole non era rimasto altro che il nero fumo.

– Chissà se finirà mai, – ha detto infine – chissà se avrà un’uscita, il dolente labirinto di questa bestia folle e smisurata, la cui testa non vuole smettere di cadere. Immaginiamola sempre, una rivoluzione. Ma, ti prego, immaginiamola con la testa sulla spalle.

  

Immagine: CONTRACÈFALO, elaborazione grafica di A. Melis [da Ulisse Aldrovandi, Monstrorum Historia (1642)]

 

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