DromosFestival

8. Millimorfo, bestia della scelta

Beastville, 10 agosto 1968

– Che facciamo, John? – Ho chiesto a John.

– Mi sembra di poter fare qualsiasi cosa, oggi – Mi ha risposto – Guarda lassù, che partitura immensa da suonare, note a miliardi di miliardi, scritte nel pentagramma della notte. – Così ha detto John, mentre la volta celeste alle sue spalle prendeva la forma di una tenda da circo, pronta a qualsiasi spettacolo, aperta ad ogni possibile acrobazia dell’emozione. – Mille strade, e tutte percorribili – Ha detto John – Che vertigine.

– Sì John – Gli ho detto – Mi dà un terrore vertiginoso, avere a disposizione così tante scelte. Che si fa, se si sbaglia?

– E che si fa, per non sbagliare? Si sta fermi per sempre? – Così mi ha detto, John. Il cielo era un tunnel verticale, puntato verso l’impossibile. – Che fai, tu, davanti alle mille strade della pagina bianca? Non scrivi? – Mi ha incalzato, ed era una sfida che non potevo ignorare.

– Immagina, John – gli ho risposto.

 

Immagina un animale che nasce senza specie, e che può scegliere se diventare serpe o gatto, giraffa o scimmia, squalo o cavalletta o qualsiasi altra creatura che popoli il variegato mondo delle bestie. Questo animale lo chiameremo Millimorfo. Appena nato, il Millimorfo appare come un informe grumo di carne, dotato del minimo necessario per sopravvivere: un occhio, una bocca, un primitivo apparato digerente, un cervello ridotto all’essenziale. Poi cominciano gli esercizi: per alcuni anni, il Millimorfo striscia per il mondo, osserva, imita, fa tentativi e prove. A volte lo si vede assumere incerto la forma del cavallo, lo si osserva nel suo goffo tentativo di galoppo. Altre volte apre due ali sottili e deboli, e si schianta al suolo come una pasta molle, prima ancora di aver spiccato il volo. Altre volte ancora, la sua carne gelatinosa si adatta alla fisionomia del pesce, ma rischia di affogare prima di avere aperto le branchie. Bestia inizialmente informe, il Millimorfo prova, riprova, fallisce, e riprova ancora. Sbaglia molte volte, ma ogni volta sbaglia meglio.

 

Così ho detto.

– Fascinosa questa tua bestia – ha detto John, passandomi il bicchiere – Prendi, bevi, e chissà che nel frattempo il tuo Millimorfo non decida che cosa diventare.

Io ho bevuto, ho sentito l’alcol bruciarmi la gola, lasciandomi invadere da quel calore ramificato e consolante.

– La conosci la storia di Nonna Moses? – Mi ha domandato John, dopo un silenzio pieno di stelle. – Nonna Moses, nella sua vita, è diventata tante cose diverse, giorno dopo giorno. Da bambina, nel New England di fine Ottocento, ha allevato i fratelli piccoli, poi è cresciuta e ha fatto la cameriera, poi si è fatta forte ed è diventata contadina, ha allevato animali, ha imparato a fare il burro, ha fritto patate per venderle in strada quando il denaro non bastava. È stata moglie e madre, e sorella. Tutto normale, mi dirai, per una piccola donna americana nata nel 1860, che c’è di strano? Hai ragione, buona domanda – Ha detto John, sorvolando a voce bassa la notte siderale – Di strano c’è che Nonna Moses non ha mai smesso di immaginarsi diversa, perché aveva infinite cose da dire e da raccontare. Ed è così che a 78 anni ha deciso di diventare pittrice. E quando l’artrite le ha cementato la mano destra, ha continuato a dipingere con la sinistra. Senza mai smettere, ovviamente, di cuocere biscotti e fare conserve. Immagina: una pennellata color amarena di qua, una marmellata di mirtilli di là. Una linea di liquirizia al bordo del quadro, un sottaceto al bordo della cena. E devi vederli, i suoi quadri, che trionfo di colore e di vita! Quando è morta era il 1961, aveva 101 anni e più di 1500 quadri che ora stanno in giro per i musei e le collezioni del mondo. – Così ha detto John, mentre il cielo del dieci di agosto si strinava di strisce di luce, e milioni di stelle piovevano sulla nostra faccia, calda di estate e di allucinazioni.

 

Lentamente, tentativo dopo tentativo, il Millimorfo inizia a capire quale animale sia quello giusto per lui e, finalmente, sceglie. Comincia a lavorare sulla precisione. Sulla forma corretta degli arti, ossicino dopo ossicino. Sull’esatta sfumatura di colore, sulle consistenze, le proporzioni, i movimenti. Alla fine, il Millimorfo è scomparso, eppure è ancora lì, nella forma della zebra che galoppa perfetta, dell’aquila che vola regale in cielo, del delfino che guizza divertito a pelo d’acqua, o di quel ragazzo fascinoso che ti sorride accanto, innamorato. Quasi miracolosa ci appare, infine, la vita del Millimorfo, questa bestia che tutto può divenire, purchè scelga bene cosa essere.

 

– Bestia della speranza è, questa tua di oggi. – Così ha detto John, mentre raffiche di desideri piovevano dal cielo. – Immagina che il tempo si possa sempre riavvolgere, almeno un poco. Immagina che le canzoni possano tutte ricominciare, che le pagine possano tutte essere scritte ancora, e ancora, ogni volta meglio, ogni volta più vere. Immagina, a qualsiasi età. Non è mai troppo tardi per cominciare una rivoluzione.

  

Immagine: MILLIMORFO, elaborazione grafica di A. Melis [da Ulisse Aldrovandi, Ornithologiae (1599) e Serpentum et Draconum Historiae (1640)]

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